sabato 9 luglio 2016

“Mi chiamo Lucy Barton” di Elizabeth Strout – Giulio Einaudi editore

“Mi chiamo Lucy Barton” di Elizabeth Strout – Giulio Einaudi editore
Da anni ormai seguo questa talentuosa scrittrice statunitense, l'ho amata da subito alla prima lettura di “Olive Kitteridge” e poi non mi ha mai deluso.
“Mi chiamo Lucy Barton” è una novità in tutto, dall'editore (di solito è pubblicata dalla Fazi in Italia) alla costruzione e scrittura del romanzo. La Strout mi ha conquistata per la struttura classica dei suoi romanzi, corposi affreschi della moderna società in cui viviamo; in questo suo nuovo lavoro abbandona completamente lo stile classico e ne esce un gioiello narrativo.
Con una scrittura scarna, scevra di inutili fronzoli, ci accompagna nella vita della protagonista che in prima persona ci racconta di sé aprendosi completamente.
Il romanzo inizia con Lucy che ricorda le nove settimane passate anni prima in un ospedale, immediatamente ci cala nel suo quotidiano, ci racconta del dottore gentile, del marito, delle figlie e presto arriva alla visita in ospedale della madre che non vede da anni.
Da questo punto in poi inizia la riflessione sulla sua infanzia vissuta in povertà, sul rapporto con i genitori e i fratelli; a queste riflessioni si alternano momenti in cui dialoga con la madre a volte teneri, a volte rabbiosi. Ci racconta dei luoghi dove ha vissuto, dei suoi amici, di una scrittrice con la quale ha fatto un corso di scrittura e che le ha cambiato la vita e della dottoressa gentile con la quale si confida.
Lucy Barton è una persona che si interroga, che cerca di approfondire le conseguenze del suo vissuto, delle sue decisioni, che non si cela agli occhi dei suoi lettori.
“Mi chiamo Lucy Barton” è una miniatura narrativa, non c'è nulla di superfluo, da leggere tutto d'un fiato per poi riprenderlo più volte e assaporare ogni pagina e riflettere su ogni considerazione.
A mio parere è un romanzo superbo.