martedì 21 febbraio 2017

La figlia femmina
di Anna Giurickovic Dato

Bella, sensuale, spregiudicata, Maria sa come ammaliare un uomo, fargli fare quello che vuole; niente di stano, se non fosse che Maria ha tredici anni e l'uomo che tenta di sedurre è il compagno della madre, Silvia. 
Una madre che resta attonita, inerme, si addormenta per non vedere, per non capire ed affrontare la realtà. La stessa realtà che ha distrutto già una volta le loro vite.
Silvia e Maria ora vivono a Roma ma fino a quattro anni prima erano in Marocco, e c'era un padre, Giorgio, impiegato presso l'ambasciata italiana. Un padre che con Maria, fin dai suoi cinque anni, ha avuto un rapporto malato, per usare un eufemismo; un padre che quando Maria ha nove anni muore cadendo da una finestra. Suicidio? Incidente? Assassinio?
E una madre, Silvia, che non vede, non ascolta, completamente soggiogata da Giorgio e dal loro falso amore; una madre che quando viene a sapere la gravità della realtà prova a reagire, a proteggere Maria, prima di tutto allontanandola dal Marocco, facendo il gioco del "non ricordo", cercando di cancellare anziché affrontare.
Il romanzo d'esordio di Anna Giurickovic Dato indaga uno dei crimini peggiori, non entra mai nel particolare, non le interessa, ma  penetra nei personaggi, nelle reazioni, i pensieri, le azioni. Per la maggior parte del romanzo la storia ci viene narrata dalla stessa Silvia, una donna che ricordando prova quasi a trovare un alibi, una scusa per la sua indolenza, nonostante le sia chiaro che avrebbe dovuto sapere, capire; una madre che lascia scorrere il tempo sperando cancelli tutto. Ma è evidente, almeno per noi che leggiamo, che per Maria invece più il tempo passa più la ferita si allarga, si espande nella sua psiche facendole pensare, forse, di essere stata lei a provocare; facendole credere, forse, che è meglio aggredire e soggiogare prima che venga fatto a lei; facendole vedere, sicuramente, una madre che preferisce non reagire; facendole, sicuramente, decidere di provocare quella madre perché si muova, gridi, spinga, aggredisca chi la figlia fa soffrire e infine la protegga!
Una psicologia quella del romanzo "La figlia femmina" narrata con precisione e sapienza. I sentimenti che scatena la lettura sono molteplici: rabbia, frustrazione, tenerezza, angoscia e alla fine, forse, un'idea di speranza. Speranza che una vita spezzata, anzi due, insieme riescano a ricomporsi prendendo di petto quella nuova vita che si ha davanti, cercando di rinsaldare le crepe create da altri. 
Come recita una fiaba giapponese raccontata nel romanzo: "Il dolore ti insegna che sei viva, bisogna valorizzare il solco che lascia".
Anche questo, a parer nostro, un ottimo esordio, coraggioso ed intelligente. Molto consigliato!