martedì 21 febbraio 2017

L'apparenza delle cose
di Elizabeth Brundage

Non è possibile incasellare il romanzo “L'apparenza delle cose” in un solo genere letterario: noir, romanzo gotico, romanzo psicologico, narrativa; non si può perché c'è tutto e tutto è narrato con una bravure, una grazia, uno sguardo, una prosa capaci allo stesso tempo di commuovere e inquietare.
Il romanzo si apre con un omicidio efferato: George Clare, professore di storia dell'arte,  rincasando dal lavoro trova sua moglie, la bella, giovane Cathrine Clare, uccisa con un colpo d'accetta in testa e la loro figlioletta di tre anni, Franny, che pare abbia vegliato tutto il giorno la “mamma malata”.

Si direbbe un thriller ma è proprio qui che la scrittrice ci stupisce e cattura con tutta una serie di flashback che raccontano la vita della giovane coppia da poco trasferitasi a Choosen (cittadina immaginaria) nella provincia dello stato di New York; la storia della famiglia che abitava prima la casa dei Clare e della tragica fine dei proprietari; dei figli di questi ultimi, rimasti orfani, accolti in casa dallo zio Rainer; la storia di Mary, l'immobiliarista che mostra la casa ai Clare e quella di suo marito Travis, lo sceriffo, che indagherà sull'omicidio. La vita di una bucolica cittadina nella Hudson River Valley, i suoi incantevoli panorami, gli inverni rigidi, una piccola comunità unita, ma, come spesso accade, solo in apparenza. Tutto il romanzo ruota attorno al concetto di “apparenza” intesa come manifestazione esteriore che non corrisponde alla realtà.
La scrittrice Elizabeth Brundage è bravissima a celare per rivelare, solo nella parte finale, la verità.
Prendo in prestito le parole di uno dei personaggi per descrivere la sensazione che si prova durante la lettura: “L'anima vede quello che l'occhio non può vedere”...sappiamo, nel profondo, ma lo vogliamo veramente ammettere?