Si dice che la bellezza sia negli occhi di chi guarda, non nel caso del neonato Miguel, lui è di una bellezza disarmante, che incanta tutti: il padre Vicente, il nonno Hermenegildo che lo accompagna dalla madre Maria danzando sulle note di Jarabe Tapatio e anche suo fratello Santiago che sente però questo fratello bellissimo come un intruso, qualcuno che sta oscurando la sua presenza nel mondo.
Effettivamente sarà così, Santiago prima fanciullo, poi adolescente, infine uomo, nonostante sia il fratello maggiore, sarà sempre un passo dietro Miguel; taciturno e cupo al confronto del solare, indipendente, miracolato Miguel. Nel lavoro, nelle relazioni, nell'affetto del padre, la magica bellezza dell'uno produrrà un sentimento di sconfitta e resa nell'altro.
Miguel ha però un animo tormentato, sa che la loro città, Mérida, è praticamente ai suoi piedi, ma lui vuole di più, cerca la libertà, l'adorazione delle persone per lui è come una gabbia. Scapperà, spesso, e ogni volta Santiago sentirà forte la sua mancanza, ma solo in quei periodi in cui il fratello è lontano riuscirà a capire veramente se stesso, di cosa ha bisogno, cosa deve cercare.
L'ultima assenza di Miguel sarà quella definitiva per la vita dei due fratelli, per la loro famiglia e per l'appassionata gente di Mérida soggiogata anch'essa da troppa bellezza.
Il nuovo romanzo di Massimo Cuomo ha l'incanto delle storie senza tempo, la magia misteriosa dei rituali sudamericani, la forza della musica, la malinconia di una lacrima sugli occhi e la follia di una notte di baldoria. Con una scrittura avvolgente ci trasporta lontano, in un mondo fatto di riti ancestrali, credenze magiche, forti passioni, raccontandoci la storia di due fratelli che si amano, si invidiano, si scontrano ma che sanno abbracciarsi come solo i fratelli sanno fare. Un racconto che inizia con un neo sulla guancia “come un punto di un punto di domanda” e finisce con un neo sulla caviglia “come il punto alla fine di una storia”.